CONCERTO: Echoes, Inscriptions and Fragments – Shelley and Others
Giovedì 28 settembre alle 18.00 non perdetevi il concerto Echoes, Inscriptions and Fragments – Shelley and Others del musicista e artista visivo David Ryan, ispirato a testi tratti dalle poesie di P. B. Shelley, accompagnato da Gianni Trovalusci (flauto) e Cristina Grifone (soprano).
Il costo del biglietto è di €15 l’uno ed include un bicchiere di prosecco. Per acquistare i biglietti si prega di contattare info@keats-shelley-house.org.
Introduzione di David Ryan
Questo progetto nasce dalla mia attenzione per diversi aspetti convergenti: l'interesse per i testi e i suoni/musica, in particolare per i testi "storici" che forniscono un dialogo contemporaneo; l'uso di spazi diversi dai luoghi convenzionali per i concerti, che creano una particolare situazione; il lavoro con la voce e le sue qualità melodiche, vocali, gestuali e le sue possibilità di espansione.
La poesia di Shelley, infatti, è stata a lungo notata per la sua innata musicalità. Nel XIX secolo questo aspetto è stato riconosciuto sia da Walter Bagehot che da Algernon Charles Swinburne, il primo dei quali ha notato il "chiaro e singolo anello di penetrante melodia" di Shelley, mentre il secondo ha affermato che "le sue profondità e le sue altezze di musica interiore ed esteriore sono divine come quelle della natura". In realtà, molte critiche precedenti su Shelley sostenevano che non fosse affatto un poeta, ma un musicista "frustrato"; come suggerì A.M.D. Hughes, "Matthew Arnold pensava di aver perso il suo mezzo di comunicazione e di essere chiamato dalla Natura a scrivere in musica". Questa autonomia musicale della poesia non ha impedito a una nutrita schiera di compositori di cimentarsi nella trasposizione in musica delle sue parole: Roger Quilter, Benjamin Britten, Paul Hindemith, Charles Ives, Carl Ruggles (ispirato dall'elogio di Robert Browning "sun-treader" a Shelley) e Richard Rodney Bennett. Se la scuola inglese (soprattutto Quilter e Britten) è nota soprattutto per le sue ambientazioni tecnicamente brillanti, sono forse gli americani, con il loro approccio meno "curato" e più spigoloso, a toccare un aspetto che ritengo rilevante per la ricezione contemporanea di Shelley. Questa è la radicalità del contenuto di Shelley, il soggetto, plasmato attraverso le forme classiche con cui ha scelto di "respirare" quel contenuto. Si crea quindi una tensione tra una romantica "immaginazione impulsiva [o addirittura propulsiva]" e i principi della bellezza classica che l'epoca (e lui stesso) richiedevano. Questa dialettica tesa evidenzia la modernità di Shelley e il motivo per cui la sua poesia riesce ancora a parlarci in maniera così chiara.
Inoltre, getta una luce sulle questioni legate al rapporto con le sue poesie. Come per molti altri poeti la cui poesia ha un proprio senso della musica, ci si potrebbe chiedere se un contesto musicale o sonoro aggiuntivo sia superfluo. Mentre un'ambientazione convenzionale potrebbe cercare di individuare il suo metro essenziale (la musica interna alla poesia) per amplificare l'articolazione del contenuto, il mio approccio è stato più simile a una pittura sonora con i testi: come nella tradizione del "poema sinfonico", si tratta di una traduzione, in effetti, in qualcosa di molto diverso ma allineato con il testo. Nel mio caso, le risposte alla complessità delle poesie di Shelley hanno prodotto sia semplicità ("The Cloud") sia una complessità parallela (Prometheus Unbound). Browning vedeva l'intera opera di Shelley come un frammento (ogni poesia era una sfaccettatura diversa di un'enorme opera incompiuta) e così, allo stesso modo, il nostro progetto è un work-in-progress: presentare questi frammenti di Shelley è un inizio piuttosto che la conclusione di una dichiarazione definitiva. Questi "frammenti di Shelley" sono presentati in relazione a "Inscriptions", una serie di pezzi che attingono agli antichi testi greci e romani inclusi nell'"Antologia greca" di epigrammi (conosciuti e ammirati da Shelley).
I musicisti desiderano ringraziare Casa Scelsi per il suo sostegno.
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